Un regalo per te
front_mini_2

Clicca qua per avere subito la tua copia gratis, completa e autoconclusiva.
Kleg

Kleg
Le storie del Kleg

Clicca qua per scoprire quali sono i capitoli già disponibili.

Kleg 2 - Finale


E' giunto il momento di rivelare il finale dell'ultima missione di Clarion a Luben.

Tra l'altro devo riportare una imprecisione. Ho lasciato il titolo vecchio "Il sangue freddo dell'ambizione" mentre il titolo finale è "Sangue freddo" e basta.

Lo preferivo rispetto a quello più lungo.

Se hai letto la prima parte forse ti stai chiedendo ancora cosa centra il titolo con la storia, potrebbe sembrare un po' forzato in effetti.

Dopo aver letto il finale capirai da cosa è tratto.

Se la vuoi, ecco una copia gratuita della storia per intero!

Versione per word:

Versione pdf:

Se invece vuoi proseguire a leggere la storia sul browser web ti allego qua sotto il finale.

Clicca sull'immagine per continuare.

Kleg

[Clarion] Si trovò di fronte il muso del procuratore da cui penzolava una singola goccia di bava giallastra.

«Ti farò bollire la faccia nell’acido!» L’alito sapeva di vino e carogna; e un pezzo di carne penzolava tra i denti appuntiti.

Voleva rispondergli, ma le labbra di Clarion si pietrificarono dalla paura mentre il cuore martellava contro le costole. Il dolore del pestaggio di Cletiana si risvegliò, pulsando nelle ossa.

Le accompagnatrici aprirono le labbra, sorprese; mentre i lineamenti degli alchimisti si contorcevano in espressioni di disgusto e disapprovazione.

«Cosa sta succedendo?» Il gran maestro prese la mano dell’uomo ratto e cercò di allontanarla da Clarion.

«Lavora per il Kleg, ma è un corrotto.» L’uomo ratto riempì di disprezzo quelle parole.

Clarion si agitò, incrociando lo sguardo del maestro alchimista. «Qualcuno mi ha incastrato….»

L’uomo ratto scosse il corpo di Clarion sospeso da terra, la schiena sbatté dolorosamente contro il muro. «Sapevo che uno del Kleg voleva uccidermi. Cletiana ha detto che non eri tu: le avevo creduto.»

Clarion deglutì, cercando di parlare nonostante la stretta del mannaro e del terrore. «Non siamo ancora in salvo.»

«Dobbiamo ascoltarlo. Forse sta dicendo la verità» Il capo degli alchimisti aggrottò la fronte.

«Va bene. Ascoltiamolo.» Il mannaro aprì gli artigli.

Clarion annaspò a terra mentre i polmoni si riempivano di ossigeno, ma si rialzò subito. Guardò gli alchimisti, Letis e infine il procuratore mentre cercava di guadagnare tempo per riprendere fiato. «Non sappiamo chi siano gli avvelenatori.»

«Tutto qua?» Il procuratore premette Clarion contro la parete, infilandogli la mano nelle tasche. «Vediamo cos’hai addosso.»

Le dita di Clarion si strinsero sul pelo del mannaro: cercò di fermarlo, ma il Procuratore gli piantò gli artigli nella spalla. Clarion ululò dal dolore, e iniziò a vedere nero con i bordi rossi.

«Oh… interessante.» Il mannaro aveva in mano la borsa con le boccette dal liquido verdastro. Lasciò la spalla dell’uomo che si accasciò a terra. «Come le spieghi?»

«Sono antidoti.» Clarion deglutì, cercando di strisciare via, ma il muro lo bloccava. Non aveva speranze di sfuggire a un mannaro durante la muta.

«Per cosa?» Il mannaro passò il liquido agli alchimisti.

«Me li aveva dati Cletiana.» Puzza di sudore, il proprio: Clarion si rese conto di avere il farsetto bagnato, pieno di chiazze scure oltre che di sangue.

«Cletiana. E come mai…» Il procuratore smise di parlare quando il corpo di Cletiana emise un suono umido, il suono di un sacco bagnato che si rompe. «Copritela.»

Una donna prese una tovaglia e la portò verso il corpo. Mentre riprendeva fiato Clarion riuscì a riconoscere Letis: si muoveva a scatti e aveva la mascella serrata mentre si avvicinava alla donna mannaro.

«Questo è veleno.» Clarion non riconobbe la voce, ma sentì una nota di sorpresa nell’alchimista che pronunciò quelle parole.

Letis si bloccò, con la tovaglia che sventolava a mezz’aria; si voltò a guardare l’espressione di Clarion a terra.

Clarion ricambiò lo sguardo, serrando le labbra.

«Non lo sape…»

Il mannaro sollevò Clarion e lo scagliò attraverso la stanza. L’uomo atterrò, sbattendo la schiena contro lo spigolo del tavolo. Il vino schizzò intorno, imbrattando il farsetto da damerino. Il legno gli si rovesciò addosso, assieme alla carne arrosto.

Clarion non riuscì neanche a prendere un respiro: il mannaro gli fu addosso, inchiodandolo a terra. A meno di una spanna da lui poteva vedere le ossa rotte di un pollo arrosto mangiato a metà.

«L’hai uccisa.» Il ratto mannaro emanava ondate di furia quasi palpabili. L’odore del pelo di topo lo sommerse.

«Questo veleno contrae i muscoli della vittima, parte dalle convulsioni e porta al soffocamento» stavolta parlò il gran maestro, pieno di disapprovazione e tristezza.

Clarion stava tremando: non riusciva a concentrarsi per recuperare il controllo.

La porta si aprì ed entrò il coppiere. Clarion prese un respiro e chiuse gli occhi. Doveva riportare tutto verso il piano. Sapeva di avere la soluzione da qualche parte. Doveva solo recuperare il controllo.

«Sono corso appena ho saputo» urlò il coppiere, seguito da due guardie. «Quell’uomo mi ha fatto scambiare i bicchieri prima di portarli qua.»

Il mannaro sollevò Clarion che appariva immobile, come svenuto. Lo scagliò a terra.

Escludere il dolore. Puntare all’obiettivo. Era così facile durante l’addestramento. Motivazione.

Un grido strozzato.

«Giuro… giuro che non lo sapevo.» Letis parlava con voce spezzata, scossa dai singhiozzi. «Non sapevo cosa volesse veramente. E non volevo…»

«Non preoccuparti. Non sapevi cosa stava succedendo» La voce del Procuratore era bassa e atona: la voce di un animale rabbioso che stentava a mantenere la calma. Clarion rimaneva immobile.

«Mi ha obbligato.» La voce di Letis sembrava lacerata dal senso di colpa. Alla fine era crollata. «Voleva che ti portassi via per attirare Cletiana. É stato proprio quando stavano trasportando le coppe.»

Gli occhi di Clarion rimasero chiusi: non vide le reazioni del ratto mannaro, ma lo sentì che tratteneva il respiro di colpo. Una motivazione. La sopravvivenza. E l’innocente. Quanti innocenti avevano ammazzato per arrivare fino a lì. Gli uomini chiusi nelle botti. Chissà come questa motivazione fece leva sulla coscienza di Clarion, scoperchiandola.

«É vero. Quell’uomo ha fatto andare via Cletiana.» Gli occhi di Clarion si aprirono in tempo per vedere il coppiere che lo indicava.

Il ratto lanciò un’occhiata piena di rabbia verso Clarion, ancora a terra. Aprì le mani portando gli artigli in posizione di combattimento.

«Adesso controlleremo a fondo le tue viscere. Magari messe a nudo ti scagioneranno.»

La paura svanì. Insieme se ne andò anche il dolore: rimasero di sottofondo, come il ricordo di qualcun altro. Una cortina di rabbia calò su Clarion. Magnifico: era riuscito a modificare l’emozione come gli avevano insegnato.

Si alzò in piedi, lentamente. Si spolverò, rassettando i vestiti; estrasse una lunga scheggia di vetro da una mano e la lascio cadere, insieme a un rivolo di sangue. Il mannaro rallentò.

«Uccidimi allora. Ma non hai molto tempo.» La risata di Clarion fu sommessa, bassa. Tanto malvagia che tutti si immobilizzarono. «Non sarai solo: morirete tutti entro pochi minuti.» Qualcuno gli stava credendo, la mossa successiva era la speranza. «A meno che non facciate quello che dico io.»

«Come osi?» Il mannaro esalò il fiato, soffiandolo tra i denti.

Clarion si voltò a fissare gli occhi del mannaro, e sorrise. «Ricordate la peste di cinque anni fa. Alla mia famiglia serviva una medicina, ma qualcuno l’aveva confiscata: voi.»

L’accusa fece arricciare i baffi del mannaro, che sibilò.

«Il Kleg lo aveva approvato. Era necessario.»

«Il Kleg è pieno di bastardi senz’anima» Clarion ringhiò, e spaventò anche sé stesso. Nel tono delle sue parole c’era una vena di follia: stava di nuovo perdendo il controllo. Il mannaro si mosse di un passo. «Ma posso ancora salvarvi. Solo io ho l’antidoto.»

Gli occhi di Clarion infine scovarono quello che cercava: un uomo che faceva un passo indietro e iniziava a sudare. Tutti gli alchimisti stavano fissando lo stesso uomo.

«Manda fuori guardie e coppiere. Ora.»

«Sei solo un bastardo» gridò Letis mettendosi di fianco al ratto mannaro. «Non lo ascolti! Già troppe persone si sono fidate di lui.»

Il mannaro rimase impassibile, scuotendo la coda nell’aria.

«Ho un complice: un Pugnale ribelle, nascosto fra voi…»

«Menti» disse con calma il gran maestro degli alchimisti. «Conosco tutte le persone qua dentro.»

«Eppure sono ancora vivo. Strano, no? Come avrei fatto senza un Pugnale per avvelenarla?» Clarion indicò con un cenno il corpo a terra: da sotto la tovaglia spuntava una mano artigliata. «Un’esperta di veleni morta avvelenata. Pensate davvero che ci sia riuscito solo? Ma non ho abbastanza antidoto per tutti. Se guardie e coppiere rimangono qua non posso assicurare di salvarli.»

Le due guardie con l’elmo calato indietreggiarono di un passo. Si guardarono tra loro e indietreggiarono ancora. Il coppiere guardava il mannaro.

«Andate» ordinò il procuratore. «Nessun Pugnale può combattere un mannaro.»

Guardie e coppiere si dileguarono. La porta si richiuse.

Gli alchimisti iniziarono a guardarsi intorno. La donna incinta si sedette, dal volto trapelava lo spavento. Le altre due accompagnatrici si chinarono per tranquillizzarla.

«Deve averlo nascosto in questa camera» disse il grassone mentre iniziava a spostare vasi e bracieri.

«Fermi. Fermatevi.» Clarion digrignò i denti. Il mannaro lo prese e lo sbatté contro il tavolo rovesciato. Lo spigolo gli affondò nella schiena. Annaspò. L’odore di vino misto a vivande gli dava la nausea.

«Troverò l’antidoto. A costo di spellarti vivo.»

Clarion fece una smorfia di sofferenza, e parlò scandendo le sillabe. «La malattia è una truffa. Fatta per vendere farmaci.»

«Cosa c’entra?» Il mannaro gli torse una spalla.

«Mi serve tempo.» Il dolore trapelò nel tono di Clarion.

«Non ce l’hai. Parla, adesso.» Il mannaro mostrò i denti affilati in un ringhio.

«Voi mi credete.» Clarion lottò per voltare la testa, abbastanza per guardare gli alchimisti. «Per salvarvi la vita mi darete il tempo che voglio.»

Il mannaro storse i baffi. «Hai detto che volevi uccidermi. Ne ho abbastanza delle tue menzogne.»

Qualcosa interruppe la conversazione: il rumore di un rigurgito.

Finalmente.

Una delle accompagnatrici sputò una boccata di sangue. Le mani e i vestiti si colorarono di rosso; la scia colpì di striscio anche la gonna della donna incinta. Tutte e tre le donne degli alchimisti urlarono. Quella incinta rimase immobile con il volto contorto dalla paura; quella che vomitava sangue cadde a terra, davanti alla panchina di legno, tenendosi la gola; l’altra corse verso la porta per fuggire.

Inutile. Qualcuno l’aveva sbarrata. L’accompagnatrice sbatté la mano contro il legno di quercia, urlando con voce rotta. Il mannaro la fissò, ma non si mosse.

Clarion si liberò con uno strattone e camminò verso Danseel. Lo sguardo del mannaro si allacciò a quello dell’uomo del Kleg. I baffi del ratto fremettero, indecisi, ma alla fine il procuratore rimase a osservarlo.

«Inutile che lo cerchi» disse Clarion al maestro alchimista. «Ho già abbastanza prove contro di te. Voglio sapere chi altro c’è dietro a questa storia.»

«Le tue sono solo menzogne.» Le emozioni si avvicendarono rapidamente sul volto del maestro alchimista: sorpresa, confusione, rabbia, e infine odio.

Il dito di Clarion indicò il gran maestro mentre guardava gli altri. «Sapevate che era lui a portare gli antidoti. E ora non li ha più.» Tutti gli altri alchimisti si voltarono, in attesa.

La donna che sputava sangue urlò di dolore. Altro sangue le uscì dagli occhi e dalle orecchie, rendendo il volto una maschera vermiglia. Si accasciò, lanciando sguardi rossi e imploranti. La pelle divenne pallida come quella di uno spettro.

«Io sono innocente.» La ragazza che sbatteva il pugno sulla porta si inginocchiò davanti a Clarion. «Ero venuta solo per una serata. Non…» Si accasciò per terra. La faccia si raggrinzì dal dolore. Vomitò sangue.

«Molto doloroso.» Lo sguardo di Clarion rimase fisso sulla ragazza. Ricacciò indietro la pietà. «Ma impiega un po’ a uccidere: suppongo dipenda da quanto ne avete ingerito.»

«Gli antidoti rallentano solo il veleno. Prometti anche di farci avere altre cure dopo.» Il grassone aveva il farsetto pieno di macchie di sudore, che si stavano allargando.

Clarion annuì: riusciva a sentire la puzza acida della paura.

«Adesso diranno tutto quello che vuoi. Ma saranno solo menzogne.» La voce del maestro alchimista aveva perso la gentilezza: dalle sue parole si riusciva a cogliere l’odio. Gelido e profondo.

«Se fermato in tempo il veleno non dovrebbe fare troppi danni permanenti… a un uomo adulto.» Clarion si voltò verso la donna incinta.

Un sentimento saturò la sala mentre tutti si rendevano conto di quello che accadeva, un sentimento noto e asfissiante: il panico.

Il silenzio durò meno di un battito di ciglia.

«Il veleno era nelle bottiglie. Cletiana le ha prese…» L’alchimista che aveva parlato si bloccò: prima si inarcò con la bocca aperta senza riuscire a urlare, in agonia; cadde a terra portando le mani allo stomaco.

«No. L’offerta non è più valida. Ormai ho capito che Daansel cederà.» Il volto di Clarion divenne calmo, mentre fissava pazientemente il maestro alchimista. «Prima parli prima rallenteremo il veleno che scorre nelle viscere di tua moglie, e tuo figlio.»

«É una donna incinta. É innocente.» Il maestro alchimista scandì ogni parola, sputandogliela contro.

Il rumore di carne flaccida che sbatteva contro la terra, e il suono del rigurgito, annunciò la caduta del grassone. Il pavimento già rosso stava assumendo una tonalità ancora più vermiglia mentre le pozzanghere si allargavano. Si poteva sentire l’intenso odore del sangue.

«Parla, prima che la uccida io stesso.» Il Procuratore si mosse verso il gran maestro e lo sollevò.

La donna incinta ebbe un conato. Lo trattenne, raggomitolandosi sulla sedia per il dolore. Cadde in ginocchio, appoggiando le mani nella pozzanghera lasciata dalla prima accompagnatrice. Lo sguardo di questa stava perdendo luminosità mentre la stanza si riempiva di urla soffocate. Pochi riuscivano a gridare mentre vomitavano sangue.

L’angoscia affiorò negli occhi scuri di Danseel. «É stata Cletiana: dovevamo uccidere il procuratore.»

«Sono addestrato a scoprire le menzogne e conosco il vostro piano. Continua.»

«Lei ha rubato le bottiglie dal Kleg. Doveva usarne una per il procuratore e incolpare le Figlie della Notte, ma non ci aspettavamo che il Kleg si sarebbe mosso così in fretta.» Linee di sofferenza comparirono sul volto del gran maestro.

«Perché la sala delle coppe?» domandò Clarion.

«Ha usato un controreagente per neutralizzare il veleno.» La luce dei lampadari rifletteva sul sudore che imperlava la fronte del gran maestro.

«Perché avvelenare anche degli innocenti?»

«Lei diceva.» Il gozzo del gran maestro salì e scese di colpo. Tossì prima di continuare. «Per non insospettirti: non voleva fingere di avvelenare innocenti senza motivazione.»

«Ma ha corso il rischio per la donna incinta.»

«Non volevo…» Il gran maestro fu bloccato da un conato, ma lo trattenne.

Clarion scosse la testa, doveva chiedere in fretta. «Quindi l’antidoto che rallenta il veleno era per loro. Ce n’era anche per me?»

Il capo degli alchimisti cadde, accasciandosi a terra. Fissò la moglie; lottò per continuare, trattenendo un conato.

«No. Avremmo dato l’antidoto a tutti, tranne che a te e al procuratore.»

«Perché ucciderci? Il Procuratore aveva appena stipulato un accordo con voi.»

«L’epidemia era una truffa per fregare i banchieri. Volevamo incastrarlo mentre si riprendeva dall’avvelenamento. Lo avremmo collegato alle puttane; e quando sei arrivato tu abbiamo deciso di coinvolgere anche il Kleg.»

Il piede di Clarion indietreggiò: la pozzanghera di sangue si stava allargando fino a lui. «Siete molto ricchi per correre rischi del genere.»

«Durante la peste volevamo mettere in quarantena il quartiere di Velluto!» Gli occhi per un attimo sembravano uscirgli dalle orbite, iniziò a piangere sangue. Il gran maestro chiuse le palpebre, ma i rivoli rossi si allargarono sul volto. La voce uscì roca e sempre più debole mentre le labbra gocciavano di sangue. «Invece per salvare una manciata di ricchi sono morti migliaia di cittadini, e ci hanno perfino nascosto i farmaci. Se sapevamo che volevi ucciderlo ti...»

L’uomo sboccò sangue e cadde a terra.

Clarion rimase a guardare i pochi che ancora si reggevano in piedi. Letis, il procuratore e la donna inginocchiata di fronte a lui.

«Non voglio morire. Ti prego.»

Clarion annuì. Si diresse verso Letis che indietreggiò impaurita.

«Tranquilla.»

Il procuratore superò Clarion, sbattendolo per terra. Abbracciò Letis che iniziò a lottare. La donna sollevò un braccio ma il mannaro la schiaffeggiò con gli artigli, sbattendola sul pavimento. Clarion digrignò i denti quando sentì il rumore dei vestiti e del corpo atterrare nella pozzanghera di sangue.

Il mannaro la immobilizzò, schiacciandole la testa sul pavimento vermiglio mentre premeva il corpo contro quello di lei; iniziò a tastarla, partendo dalle cosce. I capelli biondi si aprirono macchiandosi di scarlatto; Clarion alzò una mano per dirgli di fermarsi. Ma il mannaro sollevò sopra di sé un sacchetto bagnato, come se fosse un trofeo.

Troppo maldestro. Troppo veloce. Troppo tardi.

«Figlio di puttana» urlò Clarion, lanciandosi contro il mannaro.

«Non avrai la tua vendetta.» Il procuratore gettò fuori frammenti di boccette minuscole, cercando di succhiarsi dagli artigli il liquido gocciolante.

«Le hai rotte. Li hai condannati.»

Il procuratore ringhiò. «Morirai con me. Vile verme» prese Clarion fra le zampe.

«Stavo mentendo.» Clarion mostrò  i denti mentre scoccava al mannaro un’occhiata piena di collera.

Il mannaro si bloccò.

«Siamo in piedi solo in tre. L’hai notato?» La mano di Clarion scattò per la rabbia, indicando la sala. «Cos’è più probabile, che un membro del Kleg avveleni un Procuratore o che un’Ombra del Kleg menta per ottenere tempo prezioso?»

Il mannaro diminuì la presa.

I piedi di Clarion si appoggiarono a terra. «Se ti dicevo la verità non mi avresti creduto. E ora sono tutti fottuti.»

Clarion si liberò con uno strattone. E ringhiò rabbioso, sbattendo un pugno sul muro.

Guardò le donne per terra.

«Erano innocenti! Le accompagnatrici non erano neanche state avvisate di bere il meno possibile. E l’altra era incinta!» Clarion gridò quelle parole in faccia; ma l’uomo ratto sbuffò, come se stesse prendendosela troppo per cose di secondaria importanza.

«Che ne sarà di me?» La voce di Letis era debole. Giunse alle sue spalle. I capelli della donna gocciolavano sangue, mentre tornava ad alzarsi.

«Sei salva.» Clarion sospirò. «Avevi una coppa con il controreagente.»

Il vestito bagnato di rosso divenne aderente; mostrò le forme della donna che continuava a fissarlo, in attesa.

«Non dirò che mi hai mollato a fine missione. Sei andata benissimo.»

La mano di Letis si sollevò e si aprì. Sul palmo c’era una piccola fiala, ancora integra.

Clarion spalancò gli occhi.

«Quando hai detto che avevi rubato l’antidoto ho notato la reazione dell’alchimista. E mi sono ricordata della scenata da ubriaco in cui mi abbracciavi. Scusami.»

«Ne hai tenuto uno per te.» Clarion scosse la testa con un mezzo sorriso. Prese la fiala e fissò la stanza.

Il sangue imbrattava il pavimento e alcuni corpi erano ormai immobili.

La donna che lo aveva implorato alzò una mano, semicosciente. La donna incinta lo fissava. Come tutti gli altri occhi delle persone ancora vive.

Clarion strinse i denti.

«Dallo alle accompagnatrici. Non sapevano niente. La moglie sapeva sicuramente abbastanza di quello che faceva il marito.» Letis gli strinse il braccio.

«Salva un alchimista. Dobbiamo interrogarlo per sapere cosa hanno fatto» disse il procuratore, anche se rimaneva in disparte.

Sette corpi a terra. Le pozzanghere di sangue si stavano unendo in un unico lago rosso. La fialetta di vetro era diventata calda come la mano di Clarion che la stringeva. Un'unica fialetta e così tanti corpi.

Clarion avanzò verso la donna incinta; ognuno dei passi alzò schizzi vermigli. Le sollevò la testa e le fece inghiottire il liquido. Una lacrima scorse dall’occhio della donna che prima era in ginocchio; li guardava, priva di forza. Un'unica goccia trasparente che scivolò per mischiarsi nel lago di sangue. Clarion sentì su di sé gli sguardi di tutte le persone che aveva appena condannato a morte.

«É finita.» Letis appoggiò una mano sulla schiena rigida di Clarion.

«No.» Clarion scosse rabbiosamente la testa e corse verso Cletiana. Si chinò su di lei. Strappò un laccio da una tenda e girò il corpo della donna ratto. Iniziò a legargli le mani.

Il procuratore si avvicinò, abbassandosi a fissarlo con aria interrogativa.

«É stata l’artefice del piano. Potrebbe aver usato una pozione per simulare la morte.» Clarion notò che il procuratore iniziava ad aiutarlo a stringere i lacci.

«Sopravviverà?» Il tono di un uomo tradito.

«Il veleno della morte apparente forse ha rallentato l’altro. Forse no. Ma c’è qualcosa che non mi torna. Lei era un Pugnale: non era addestrata per ideare un piano come questo.»

«Vostra grazia.» Una guardia urlò entrando nella stanza, seguita da altri uomini armati.

Clarion si rizzò in piedi. Sentì come una montagna intera che gli cadeva addosso. Masso dopo masso.

«Occupatevi di lei» urlò correndo verso l’uscita.

Non ascoltò gli ordini che provenivano dal Procuratore. Notò solo le guardie che gli permettevano di passare; lasciò indietro i pesanti passi di quelli che lo seguivano.

Corse lungo i corridoi, oltre le porte. Scivolò rapido come un’ombra di fianco agli arazzi.

Arrivò in cantina. Contò i cadaveri.

Ringhiò e tirò un calcio al primo oggetto che vide. Il barile cadde e rotolò pigramente tra i corpi.

L’uomo che aveva accusato gli alchimisti era scomparso. Morte apparente.

 

Lo sgabello della casa delle Figlie della Notte aveva cuscini comodi. Il vino dentro al calice era fresco e di qualità eccellente. Accarezzava il palato, massaggiava l’ugola e scivolava in gola.

Clarion notò i capelli biondi che si muovevano al suo fianco e sentì una mano calda che gli si appoggiava sulla coscia. L’aria si riempì del profumo di narciso e pelle di donna.

«Sono tre giorni che ti aspetto.» Letis sbatté le ciglia con fare seducente.

«Di solito i miei colleghi arrivano subito dopo una missione?»

«Spesso.» La donna si lasciò andare sullo sgabello, appoggiandosi al bancone. Lasciò che il suo corpo parlasse per lei.

«Ho voluto aspettare un po’.» Clarion strinse il calice, portandolo di nuovo alle labbra.

«Mi spiace di non essermi fidata di te.»

Le dita di Clarion accarezzarono il velluto sopra il bancone. Liscio, ma freddo.

«Come hai fatto a capire che Cletiana aveva tradito?» Letis accavallò le gambe e la gonna di seta iniziò a scivolare, scoprendo la pelle nuda

«Quando mi ha fatto aprire la serratura. Esistevano decine di modi per avvelenare o bloccare gli alchimisti. Mentre quello era il modo migliore per avvelenare il procuratore senza mettermi in allarme. La finta morte ha confermato oltre ogni dubbio la colpevolezza.»

«Perché rischiare così tanto?»

La luce dei lampadari lasciava la zona in penombra; le conversazioni intorno erano come un brusio distante.

«Era tardi. Non potevano più tirarsi indietro, e dovevano gestirmi senza insospettire il procuratore.» Non riusciva a cancellare quei ricordi. «E inoltre penso che non avessero nessuno in grado di aprire le serrature della sala delle coppe senza lasciare tracce.»

I loro sguardi si allacciarono.

«Ti ricordi quando mi hai detto che dovevate pensare alla situazione peggiore. Hai detto che non potevi fidarti di nessuno.» La coscia calda della donna premette contro quella dell’uomo. «Tranne che di me. Ma mentivi, vero. Non potevi neanche fidarti di me.»

«No. Mi sono sempre fidato di te.»

«Perché? La situazione peggiore era che tutti stessero complottando contro di te. Perché escludere me?»

«Il metodo del Kleg non è proprio così. Non è “valuta la situazione peggiore e affrontala”.» Il tepore del vino lo stava riscaldando dall’interno, ma non riusciva a cancellare il gelo che gli era rimasto attaccato. «É valuta la situazione peggiore che riesci a gestire. Se è peggio tanto sei morto.»

«Cioè?»

«Cioè se tu non fossi stata dalla mia parte mi consideravo già morto.»

La donna si avvicinò: i suoi soffici capelli accarezzavano la guancia dell’uomo. Clarion sentiva il calore del suo respiro sull’orecchio.

«Io ho una promozione da festeggiare. E tu?» Le parole della donna giunsero direttamente dentro al cervello.

«L’ambizione si paga sempre.» Si girò, avvicinando le labbra a quelle di lei.

«Forse. Ma non oggi.» Il bacio durò a lungo. «Oggi avrai un premio: qualcosa che non dimenticherai facilmente.» Lo trascinò verso le tende.



Add this page to your favorite Social Bookmarking websites
Reddit! Del.icio.us! Mixx! Free and Open Source Software News Google! Live! Facebook! StumbleUpon! TwitThis Joomla Free PHP
 

Aggiungi commento

Codice di sicurezza
Aggiorna

Italian - Italy
Feeds

Feed ai commenti

Puoi utilizzare i feed RSS comodamente con il tuo browser per tenerti aggiornato gratuitamente sulle novità del sito.

Per sapere come funzionano clicca qui.

Ultimi Commenti
RSS
Disclaimer

Fantasy Eydor NON è una testata giornalistica, viene aggiornato senza alcuna periodicità e quindi NON può venire considerato prodotto editoriale (ai sensi della legge numero 62 del 7/03/01). I diritti d'autore relativi alle immagini presenti su questo sito appartengono ai rispettivi autori: alla fine di ogni articolo elenco i link per andare a visitare i loro siti e se volete saperne di più potete anche cliccare sull'immagine che vi interessa per andare sul file originale. Sul sito sono presenti anche elementi che io ritengo, in buona fede, di pubblico dominio. Se possedete e potete vantare diritti su questi ultimi, vi chiedo cortesemente di inviarmi una mail a questo indirizzo: drjack@fantasyeydor.com

Cerca nel sito