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Kleg

Kleg
Le storie del Kleg

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Kleg 1 - Tra le braccia di Itis


Oggi inizia la serie del Kleg!

Come avevo già anticipato pubblicherò una serie di racconti ambientati nella società segreta del Kleg.

Prima di tutto ringrazio Angra per avermi aiutato nell'editing del racconto.
Grazie Angra! Io ti voglio bene anche se non sei una teenager cieca :).

I valori di questa storia:
Per facilitare la decisione se leggere o meno la storia inserirò 3 valori/punteggio.
Azione, malvagità e intrigo sono le tre colonne portanti di questi racconti (pensavo di aggiungere anche raccapriccio e volgarità, ma questi ultimi due sono più abbellimenti che parti principali). I valori andranno da 1 (contenuto moderato) a 5 (contenuto estremo).
Azione: 5.
Malvagità: 2.
Intrigo: 3.
Se hai già finito il racconto magari dimmi anche se sei d'accordo sulla valutazione; nel caso la metterò a posto per aiutare i prossimi interessati.

Clicca qua se non ti interessa l'introduzione e vuoi iniziare a leggere subito.

Due parole sulla licenza
Questa serie, come il resto del sito, è pubblicata con licenza creative commons Attribution Sharealike Noncommercial 2.5.

Qualche informazione sulla tecnica
1) Sarà una frame story: una serie di racconti autoconclusivi con una trama che li lega tra loro. (Un po' come i format delle serie televisive Supernatural o Doctor Who... e anche Dr. House!).
2) E' un prequel de "L'ombra dell'incantatrice."

Tre esigenti richieste di condivisione
1) Sarò davvero felice di leggere ogni genere di commento, critica, opinione, o qualsiasi altro intervento.
2) Sarò ancora più felice se giri il racconto ad altre persone che conosci e a cui pensi che possa piacere la storia.
3) Infine impazzirò dalla gioia per un link o se riterrai la storia degna di essere messa in condivisione con il tuo programma di file sharing preferito (e-mule, bit-torrent o qualsiasi altro).

Una curiosità
Per i più curiosi e per chi vuole essere un po' stimolato ci saranno degli elementi nascosti.
Tutti le storie del Kleg conterranno un elemento preso da altre storie, in onore di personaggi, ambientazioni o autori che mi sono piaciuti molto. Saranno elementi di sfondo e assolutamente esterni rispetto alla trama che richiameranno appunto qualcosa di "già visto".
Per iniziare ne ho messo uno facile facile. Se pensi di averlo individuato fammelo sapere (commenti o mail vanno benissimo).

E infine gli avvisi

MATURE CONTENT 17+

I contenuti della storia sono per un pubblico ancora più maturo rispetto al libro "L'ombra dell'incantatrice".

So che alcuni hanno uno stomaco forte e non hanno bisogno di questi avvertimenti, ma voglio lo stesso avvertire i più sensibili, così tutti potranno decidere liberamente se procedere.

Adesso, i contenuti "canaglia" di questo specifico racconto sono:
- Violenza intensa (Ghandi disapproverebbe)
- Sangue (Edward Cullen approverebbe... Ma è stato bannato da Fantasy Eydor per eccesso di banalità e bigottismo)
- Temi sessuali (non aver paura, non dirò ai tuoi genitori che leggi cose sconce... Ma tua suocera lo verrà comunque a sapere...)
- Uso di linguaggio forte (in compenso punti e virgole non sono stati maltrattati durante la produzione di questo racconto... Se'... L'importante è crederci.)
- Scelte morali discutibili (il fine dopotutto lo giustifica)

Testimonial che legge wikipedia
Ehi! Ma questo non è un software!

Ah. Beccato. :p
I rating dei videogame mi piacciono così tanto che volevo usarli anch'io. E mi sono inventato una scusa per riproporli.
Che ci vuoi fare? Io mi eccito sempre quando leggo avvertimenti come: "may contain more intense violence, blood and gore, sexual themes/content, use of alcohol/drugs, and frequent use of strong language".

Bene! Ora che mi sono tolto questo sfizio posso dichiarare conclusa l'introduzione.

Qua puoi trovare il file pdf.

E se preferisci leggerlo su un'altra piattaforma di lascio direttamente il file rtf.

Non ti rimane che scegliere ora. Clicca sull'immagine se vuoi proseguire!

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Lasciate ogni speranza o voi che cliccate.

Kleg 1 - Tra le braccia di Itis

Clarion passò alcuni secondi a fissare la luce proveniente dalla finestra, quindi prese un respiro; si calò nella parte e, con uno spintone, spalancò la porta d'entrata.

Il legno sbatté contro il muro; le guardie entrarono sferragliando, e la scena si cristallizzò.
Clarion appoggiò le mani sui fianchi, guardandosi intorno con l'intenzione di intimidire i presenti.

Un gruppo di artigiani si voltò, e qualcuno si tolse perfino il berretto di pelle. Le cameriere trattennero il respiro, cercando qualcosa dietro cui nascondersi.

L’oste lo guardava di sbieco, con il volto abbassato. Sembravano tutti attenti a fare meno rumore possibile.

«Funzionario del governo. Esazioni fiscali.»

Un sospiro generale. Uno degli avventori sbuffò mentre si avvicinava a un compagno per sussurrargli qualcosa. Entrambi guardarono Clarion e risero, battendosi le mani sulla pancia.

Bene. Era entrato. Mentre si concentrava sulla scena Clarion ripensò all'addestramento: ora doveva solo gestire la situazione.

Il chiacchiericcio di fondo tornò a fondersi con il rumore di stoviglie mentre si dirigeva verso il bancone di legno.

Non riuscì neanche a fare due passi che un uomo con una cicatrice sopra il naso si spostò per sbarragli la strada. Clarion rimase impassibile; si concentrò sulle pupille dell'uomo di fronte: due buchi neri, sempre più piccoli.

Dopo alcuni secondi lo sfregiato sputò per terra; ma alla fine si scostò.

Bersaglio individuato. Perfetto.

«Cosa posso fare per voi?» L’oste stava spillando birra dentro un boccale.

«Qualcuno è stato ai Pozzi. Qua: nella città di Itis, proprio in questa zona.» Clarion arricciò le narici, travolto da una zaffata di fritto proveniente da una porta vicina.

«Lasciatemi indovinare.» L’oste ridacchiò. «Una denuncia anonima?»

«Già. Devono ancora decidere cosa fare.» Clarion si spostò di lato, lanciando un’occhiata agli avventori. Una dozzina, divisi in tre tavoli.

«La mia locanda è diventata materia di stato?» L’oste appoggiò il boccale su un vassoio; il suono della ceramica che sbatteva contro il legno poteva sembrare minaccioso, o forse sera solo irritato. La birra ondeggiò; un rivolo di schiuma uscì fuori.

«Per ora sono solo controlli, forse siamo in giro a vuoto. Nell’altro caso vogliono usarci come esche.»

L’oste usò il grembiule per pulirsi le mani. Quindi prese uno straccio e si guardò intorno, ignorando Clarion.

«Voglio il registro contabile dell’ultimo mese.»

«La legge parla chiaro.» Lo sguardo dell’oste si puntò su una macchia: nera e vischiosa. «Se volete i registri dovete richiederli con due giorni d'anticipo.»

Clarion si appoggiò sul bancone.

«La legge dice molte cose. Ad esempio dice che durante un’ispezione potrei trattenere e controllare i tuoi dipendenti.»

«Volete sabotare la locanda?» Le rughe sul volto dell'oste si congiunsero in un'espressione indignata. Ma dopo aver lanciato un'occhiata intorno tornò a sorridere. «I clienti sanno servirsi da soli.»

Nessuno sembrava far caso alla discussione. Ma, con la coda dell'occhio, Clarion individuò una delle cameriere dai capelli bruni che li fissava mentre fingeva di servire a un tavolo. In risposta l'oste accennò un assenso, quasi impercettibile.

Un vero colpo di fortuna. Proprio quello di cui aveva bisogno.

«Non hai ancora capito con chi hai a che fare.» Clarion si voltò lentamente, per pregustarsi il momento. Diresse lo sguardo verso la ragazza bruna che si stava togliendo il grembiule.

«Fermatela!»

Il pavimento vibrò, schiacciato dagli stivali delle guardie in movimento. I muscoli del viso della cameriera si irrigidirono dal terrore. Lo sguardo si spostò prima verso l'uscita, poi verso la porta laterale, ma rimase in silenzio; anche quando le immobilizzarono le braccia dietro la schiena. Si limitò a serrare le labbra mentre veniva trascinata.

«Sono abituato a posti molto più raffinati di questo.» Clarion le accarezzò i capelli; ma contorse le labbra, sentendo una patina di unto. Poi la mano scivolò lungo la spalla della ragazza. La carne era morbida, ma la donna puzzava di sudore, vino rancido e miseria.

«Mi ricordi tanto questa città: bella… da lontano.»

La cameriera trattenne di colpo il respiro. Spalancò gli occhi quando le dita dell’uomo si chiusero sul suo seno, ma continuò a rimanere il silenzio.

«Lasciala subito.» Lo sfregiato con la cicatrice sul naso scattò in piedi, seguito da quattro compagni.

«Tette piccole, ma sode. Apprezzabili anche in un quartiere pieno di merda e fango.» Clarion si leccò le labbra; riusciva a percepire il cuore della cameriera che pulsava, freneticamente.

Lo sfregiato emise ringhio, ma uno dei suoi compagni lo bloccò con un braccio.

«State tutti calmi» disse l’oste. «Vi prego. Sua madre è malata e lei deve tornare a casa.»

Clarion rise, allontanando la mano dalla ragazza. «Perquisitela.»

«Siate ragionevole. Il mio contabile non verrà di notte.» L’oste rimase a guardare la cameriera.

«Un contabile? Molte entrate o troppe uscite?»

«Debiti.» L’oste sospirò.

«Sei un sensale, giusto? Gestisci l’acquisto di granturco dai mercanti e dal contado.»

L’oste annuì.

«Quindi la faccenda è sospetta.»

«Vi giuro che è tutto in regola. Se tornate domattina...»

«Sta urlando troppo poco.» Clarion annuì verso le guardie. «Controllate più  a fondo.»

La cameriera singhiozzò mentre la guardia le infilava una mano sotto la gonna. «Basta. Vi prego.» Furono le prime parole che disse: non era un urlo, ma si sentiva  una vena d'isteria nella voce.

«Ti affogherò nel piscio di tua madre.» Lo sfregiato si liberò del compagno con uno strattone, abbassò la testa, tendendo i muscoli delle spalle; quindi caricò.

Si schiantò contro Clarion che finì lungo disteso sul pavimento. Lo sfregiato fece per gettarsi su di lui, ma l’oste scavalcò il balcone, intercettandolo.

«Per i coglioni di Arral. Non voglio sangue nella mia locanda.»

Clarion si ricompose, alzandosi come se non fosse successo nulla. Tutto secondo i piani.

Il silenzio della ragazza ormai si era rotto; e le urla diventavano ogni secondo più alte e stridule.

«La donna può andare.»

La cameriera si appoggiò allo stipite della porta, annaspò alcuni secondi, come per riprendersi. Poi corse via; i gemiti si fecero sempre più lontani.

«Levati dal cazzo» urlò lo sfregiato, lottando con l’oste.

Clarion si spolverò il vestito, tornando verso il bancone. «Occupatevi di lui.»

Una guardia prese un bastone dalla cintura e lo usò per colpire lo sfregiato alla nuca: il rumore sordo del legno contro la carne causò un grido di protesta.

L’altra guardia sfoderò la spada, per poi voltarsi a controllare i presenti.

Gli avventori si guardarono tra loro, alla ricerca di una reazione; poi fissarono la lama della guardia. Tornarono a sedersi. Si limitarono a osservare lo sfregiato che cadeva, sbattendo la faccia sul pavimento.

«Continuate fuori.»

«La pagher…» le parole dello sfregiato furono interrotte da una percossa. Il corpo rotolò sul pavimento, quindi una guardia lo prese per il retro della maglia. Il rumore dell’uomo trascinato risuonò nel silenzio della locanda; i piedi sbatterono sul legno, in un vano tentativo di resistenza.

«Io non c’entro.» L’oste stava sudando nonostante l’aria fresca della sera. «Farò tutto quello che volete.»

«Apprezzo il tuo intervento… e per stasera mi accontenterò dei vecchi registri.»

«Aspetti qui.» L’oste annuì, poi scomparve dietro una porta laterale. Durante l'attesa Clarion cominciò a sentirsi a disagio: gli avventori lo stavano fissando, e alcuni avevano il volto rosso dalla rabbia. Evitò di ricambiarli: doveva mostrarsi sicuro, gestire la situazione.

Poco dopo l’oste tornò con in mano un taccuino in pelle.

«Ecco qua.»

Clarion prese il taccuino e scorse alcune pagine. L’oste non osava emettere alcun suono; rimaneva a guardare l’entrata da cui provenivano lamenti soffocati e ogni tanto controllava la clientela. L’interno del locale invece si stava riempiendo di mormorii rabbiosi.

«Ci vediamo domani.» Clarion accennò un saluto, e infine si avviò verso l’uscita.

Una guardia lo vide e bloccò il calcio che stava per dare all’uomo a terra. Non attesero oltre; si allontanarono per controllare le altre locande.

 

I lampioni magici diffondevano luce bianca sulle strade principali del quartiere dove Clarion stava camminando insieme alle due guardie. Avevano incrociato pochi individui fino a quel momento, e le locande della zona si stavano svuotando.

Nel quartiere si respirava un vago odore di paura. O forse era solo la sensazione di Clarion.

Dopo aver svoltato a un incrocio le due guardie si scambiarono un'occhiata; quindi si bloccarono.

«Abbiamo finito. Vi dobbiamo lasciare.»

«Cosa intendi dire?» Clarion arcuò le sopracciglia, fermandosi.

«Le locande da controllare sono finite. Quindi dobbiamo tornare alla bloccarda di zona.»

«Volete mollarmi.» Clarion annuì, poi sospirò. «Ve la siete presa per la scazzottata.»

«Siamo soldati; non criminali.»

«Non avevo scelta.»

«Sbattersi cameriere indifese è un dovere imposto dallo Stato, giusto?»

Clarion controllò le reazioni della guardia in silenzio: muscoli contratti e labbra strette, probabilmente i due avevano già discusso il da farsi.

«Stiamo parlando di una denuncia anonima, lo capite?» Doveva gestirli senza sollevare sospetti; evitare in tutti i modi di forzare la mano.

«Un paio di sberle sarebbero bastate.» Il volto dell'uomo che parlava rimase impassibile sotto l'elmo, gli occhi in ombra.

«Sporgi lamentela allora.» Clarion sbuffò, facendo cenno con una mano, come se volesse scacciare una mosca. «Tanto nessuno baderà alle crisi di un sergente…»

«…capitano signore.» La guardia serrò la mascella.

«Non fa differenza. A nessuno importano i piagnucolii di una guardia oggigiorno.»

Entrambe le guardie si irrigidirono. Clarion prese un profondo respiro: sperò di aver calcolato tutto quanto.

«D’accordo, quanto volete?»

Le due guardie si scambiarono uno sguardo.

«Quattro Aral d’oro per accompagnarvi a casa.»

«Siete impazziti?» Gli occhi di Clarion si spalancarono.

«Sappiamo con chi vi siete messi contro.»

«Siete ufficiali dello Stato: dovete eseguire i miei ordini.»

«Sbagliato. Dovevamo seguirli; ma ora la gita è finita.»

«Farò rapporto.» Clarion alzò la voce. Due passanti poco lontani si voltarono e, dopo aver visto le guardie, si diressero verso una via secondaria, scomparendo.

«Nessuno ascolterà i piagnucolii di un esattore di strada.»

La guardia si voltò, subito seguita dall’altra. Fecero due passi.

«Vorrei ridiscutere sul prezzo.» Le strade adiacenti erano senza lampioni. Buie.

«Noi abbiamo il senso dell’onore… a differenza di voi. E questo quartiere di merda e fango è anche il posto dove viviamo. Addio.»

Il rumore dei tacchi che si allontanavano echeggiò nella notte.

Dopo aver guardato la strada principale Clarion deglutì a vuoto: era inutile proseguire lì. Un’ultima occhiata alle guardie e si addentrò nel vicolo.

Case di mattoni e strada piena di ciottoli sconnessi: troppo scuro per improvvisare una fuga.

La paura gli penetrò nelle ossa come una biscia di ghiaccio: addestramento o no, nella città di Itis c’era sempre qualcosa che poteva andare male.

E i guai non si fecero aspettare.

Lontana, nel buio, apparve una sagoma più scura. Al centro della strada.

Clarion deviò in un vicolo laterale; e guardando dietro di sé notò una coppia di uomini che si avvicinavano.

Iniziò a correre, ma inciampò su un ciottolo traballante. Cadde.

La respirazione accelerò mentre si rialzava, riprendendo a muoversi. Sentì dei passi, molto vicini. Dopo aver svoltato altre due volte si rese conto di trovarsi in un vicolo cieco. Appoggiò le mani al muro e saltò. Non riuscì a raggiungere il tetto. Ci riprovò. Sbatté contro i mattoni; quindi sentì delle risate dietro di sé.

«Che carino. Stai cercando di abbracciare la tua amata città?»

Quando Clarion si girò vide lo sfregiato: aveva un occhio nero e il volto tumefatto. Si trovava tra due uomini: uno impugnava un bastone, l’altro era un calvo che giocherellava con una catena.

«No, aspetta… io non volevo. É la denuncia.» Clarion indietreggiò, fino a sentire la ruvida pietra del muro.

«Non m’interessa.»

«Aspetta. Io so chi sei: Karl Vannal» disse Clarion.

I tre si bloccarono. Quindi un sorriso si formò sul volto dello sfregiato. «Volevamo lasciarti in vita. Ma se sai il mio nome…»

«Io non lo ammazzo» disse l’uomo con il bastone. «Gli accordi erano diversi, Karl.»

Clarion lanciò uno sguardo dietro di loro; alzò una mano, incrociando indice a medio, poi la chiuse a pugno e rialzò il mignolo.

«Cosa cazzo stai facendo?» Le palpebre di Karl si socchiusero, minacciose.

«Non volevo interrompervi.»

«Non mi piace.» Il calvo si guardò intorno mentre aggrottava la fronte, preoccupato.

«Che diavolo vuoi che succeda?» Senza aspettare una risposta, Karl si avvicinò al compagno e gli strappò il bastone dalle mani. Sollevò l'arma sopra di sé. Appena comprese la situazione Clarion provò a coprirsi con le braccia; il primo colpo schioccò contro le ossa dell'avambraccio, il secondo oltrepassò le difese e lo raggiunse sotto lo sterno: aveva un rumore decisamente più umido.

«Bastardo…» Clarion si accasciò, tenendosi lo stomaco.

Non devo perdere il controllo. Maledizione. Non devo... Cosa ho sbagliato?

Il dolore pulsava al ritmo del battito del cuore, che stava accelerando. Clarion trattenne un conato di vomito e sputacchiò qualcosa per terra.

«Hai visto? É solo uno spaccone di merda.» Karl alzò di nuovo il bastone.

«Se lo ammazzi avviserò le guardie» disse il calvo con tono di sfida.

«Senti, mi conosce. E sono fottuto.» Karl ringhiò dal disappunto. Il calcio raggiunse l’addome di Clarion che andò a sbattere contro la parete. Le costole vibrarono all'impatto.

«Puoi scappare; ti diamo una mano noi.»

«Così la avrà vinta lui.» Karl gesticolò con il bastone, girandosi verso il calvo. «No. Hai visto quello che ha fatto a Katya?»

«Io non ammazzo la gente, soprattutto non funzionari del governo.»

«Che animo gentile.» Clarion appoggiò le mani a terra, per cercare di alzarsi.

«Tu sta zitto figlio di troia.» Il calvo lo sollevò dal bavero, quindi gli tirò una sberla: Clarion sentì il sapore del sangue.

«E se fosse capitato a tua moglie? O a tua figlia? Eh?» chiese Karl al compagno. «Lo ammazziamo. Lo nascondiamo in casa mia e io me ne vado per un po’.»

«Non cascarci, ti vuole fregare» disse Clarion, quando fu zittito da un’altra sventola. La vista si stava annebbiando.

Era tutto perfetto, maledizione. Cos'era andato male? O forse...

«D’accordo, ammazziamolo allora.»

Karl emise un sospiro sollevato, e il calvo gli lasciò il posto.

«Datti una mossa, bastardo…» Clarion riuscì a rimanere in piedi, appoggiandosi al muro.

«Pazienza. Prima voglio saturare di mazzate la tua faccia di culo.» La mano di Karl strinse il mento di Clarion, sollevandolo per guardarlo negli occhi.

«Non parlavo con te.»

Un sibilo partì dall’oscurità. Clarion sobbalzò quando vide la punta di un dardo fuoriuscire dalla pancia del calvo. Tutti, calvo compreso, fissarono l’oggetto sporco di sangue. Poi l’uomo trafitto fece un passo avanti, dopodiché cadde riverso.

«Ho moglie e figli.» Il compare, fino ad allora silenzioso, sollevò le mani.

Un’ombra si staccò dal muro e giunse alle spalle dell'uomo con le mani alzate. Un braccio lo bloccò, poi il corpo dell'uomo trattenuto sobbalzò per due volte. Quando cadde a terra comparve una figura scura: un uomo con una maschera in fasce di cuoio che impugnava un pugnale insanguinato.

«Non sei un fottuto funzionario quindi» ringhiò Karl.

«Sono un’Ombra del Kleg, piacere. Lui è un Pugnale.» Clarion rimase accasciato, tenendo le mani sulle ginocchia mentre si riprendeva, quindi si rivolse al nuovo venuto. «Lo avevi visto il segnale.»

Karl si preparò a colpire. Ma l’uomo mascherato gli bloccò il polso con una mano, mentre con l’altra gli tirò un pugno alla mascella. Karl strabuzzò gli occhi, semistordito. Cercò di lottare; ma quando ricevette un’elsa di pugnale sulla tempia, Karl cadde a terra.

«Volevo essere sicuro.» La voce uscì attutita.

«La descrizione corrisponde. La relazione con Katya, pure. Mi ha perfino confermato il nome.»

«Sì, ma…»

«Sono cazzate! Hai fatto apposta per farmi pestare, Belthar.»

«É vero.»

Un rumore sinistro, come pietre aguzze che strisciano sulla carne viva; nonostante la maschera, Clarion lo sentiva ridacchiare.

 

Missione compiuta.

Una torcia accesa in un corridoio: lungo e vuoto, a parte la cassa che Clarion stava fissando. Il finto funzionario sentì uno spostamento d'aria dietro di sé, subito seguito da un tonfo.

Si voltò.

L'atterraggio aveva spezzato la parte posteriore del dardo, per il resto la punta spuntava ancora dal cadavere del calvo.

«Che schifo.» Clarion lo prese da sotto le ascelle e lo sollevò per poi lasciarlo andare dentro la cassa; sopra quello del compagno, quello con moglie e figli. I corpi si scontrarono con un suono secco; un braccio penzolò in fuori, il dorso mano si appoggiò sul pavimento.

Clarion la prese e la portò sullo stomaco del morto, quindi chiuse la cassa. Qualcuno si sarebbe liberato delle prove scomode; non erano più affar suo. Si decise ad allontanare lo sguardo, girandosi a osservare un altro corpo che scendeva appeso a una corda: Karl.

Appena le scarpe toccarono terra Clarion tolse l'imbragatura che lo sorreggeva; con l'altra mano lo teneva in piedi. Vide la corda che cadeva, arrotolandosi a terra. Poi il suono della botola che si chiudeva sopra di lui fu seguito dal rumore di Belthar che scendeva dalla scala a pioli.

L’assassino arrivò e prese Karl sotto l’altra spalla; insieme avanzarono lungo il corridoio, fino ad arrivare in una camera con un’unica colonna centrale.

Appoggiarono il corpo a una sedia di legno con braccioli rinforzati in metallo e scambiarono uno sguardo.

«Complimenti per l'atteggiamento professionale.» Clarion fissò il compagno, in attesa.

Belthar ammiccò e rivolse l'attenzione verso Karl; la camera si riempì del rumore delle catene che l’assassino iniziò a usare per legare le braccia del prigioniero.

Si stava divertendo il bastardo.

Clarion sospirò, poi si diresse verso un tavolino di marmo, aprì uno scrigno e prese una maschera composta da strisce di tessuto, uguale a quella di Belthar.

La aprì per bene prima di infilarla. Il cuoio fresco gli accarezzò il viso mentre una sorta di formicolio si formava dentro la testa.

Il mondo stava acquistando dettaglio: sembrava diventare più reale. Clarion si spostò verso la parete per sperimentare i poteri della maschera, appoggiò i polpastrelli all'intonaco nero che si stava staccando: riusciva a sentire ogni piccola crepa.

«Allora? Niente da dire? Che ne so, qualcosa del tipo: scusa Clarion, non metterò più a rischio la tua incolumità solo per soddisfare il mio malato senso dell'umorismo.»

Niente.

Belthar lo stava ignorando volutamente. Clarion ne era certo; così spostò il braccio con la torcia indietro; iniziò a fissare il compagno, e attese. Nessuna reazione; allora Clarion prese la mira e lanciò: il fuoco roteò nell'aria, passò di lato allo scrigno per infine atterrare in un secchio. Il buio riempì la stanza, mentre il rumore di sciabordio fece da sottofondo all'echeggiare delle catene.

Notando che l'altro non reagiva alle provocazioni Clarion sbuffò; quindi si decise ad agganciare i lacci della maschera dietro la nuca.

Subito dopo si concentrò: immaginò il colore rosso, un lago rosso che continuava ad aumentare. Adorava usare quel potere.

Quando la maschera si regolò sulla visione al calore Clarion vide il corpo di Belthar e di Karl rilucenti di luce rossa e arancione. Si guardò una mano dello stesso colore e sorrise.

Belthar… sono la voce della tua coscienza. Pensò Clarion. Gli bastò concentrarsi per inviare il messaggio mentale con la maschera.

Non scherzare con le maschere, pivello. Mi accorgo quando trasmetti i pensieri. Era vero, la trasmissione delle maschere dava anche a Clarion una sensazione di alieno come se un freddo liquame gocciolasse direttamente nel cervello.

Non puoi mettermi a tacere. Hai ucciso un uomo con moglie e figli!

Ogni tanto mi chiedo se ho sbagliato a sceglierti. Nel Kleg sei sprecato: saresti stata un'ottima educanda in qualche convento. Per un attimo Clarion percepì il sentimento dell’altro: Belthar era seccato.

«Che diavolo…» disse il prigioniero, rinvenendo.

Uno: la maschera per questa missione non ti serviva. Due: se lanci di nuovo la torcia in quel modo capirai fino a dove può arrivare il mio malato senso dell'umorismo”.

Almeno io non metto a rischio la vita dei miei compagni. Trasmise Clarion.

«Dove sono?» La voce di Karl aveva una nota di panico.

L'unica cosa a rischio era la tua verginità.

Stronzate. Non sei stato corretto. Clarion fece un passo verso Karl: lo vide che contraeva i muscoli delle braccia, per cercare di liberarsi.

Ora basta con i lamenti, dobbiamo lavorare.

«Chi è la?» Karl si bloccò, guardandosi intorno.

Vado? Trasmise Clarion.

Meglio seguire la procedura; questa è la prima volta che fai sul serio.

La procedura in questa situazione è flessibile. Tu intanto evoca il capo. Trasmise Clarion.

«Sento dei passi. Sei un prigioniero? Dove siamo?» chiese Karl.

Va bene. Vediamo se sei davvero così bravo. Trasmise Belthar. Clarion vide la sagoma arancione del compagno dirigersi verso lo scrigno.

«Ti trovi in una sala del Kleg. Io sono una delle Ombre.»

«Chi sei? Non ti vedo.»

«Tra poco mi vedrai. Qua sei al sicuro.»

«I miei compagni. Anche loro erano al sicuro?» La voce di Karl si fece acuta.

«Il Kleg lavora sempre a coppie. É stato il Pugnale a ucciderli, non sono riuscito a fermarlo.»

«Ho visto quello che hai fatto a Katya.»

«Pensi che mi sia piaciuto?» domandò Clarion. «Sei uno in gamba. Non ti saresti lasciato catturare facilmente. E dovevo attirarti in una zona sicura.»

«Cazzate.»

«Credi che il Kleg si muova per un coglione qualsiasi?»

Una luce eterea si diffuse nella stanza e la visione magica della maschera si regolò automaticamente, lasciando un alone arancio sulle sagome di calore. Clarion si voltò e vide Belthar allontanarsi da un piedistallo sul tavolo. Karl scosse la testa, con espressione confusa.

Una figura tridimensionale barcollò nell’aria, diventando più nitida: da lì proveniva la luce. Una forma ovoidale si stava formando, fino a diventare un teschio. Pezzi di carne marcia penzolavano attorno alle orbite vuote.

«Per gli dei…» Karl si agitò sulla sedia, strisciando i piedi a terra come per allontanarsi, senza successo.

Il teschio si voltò a destra e a sinistra verso i due membri del Kleg poi fissò Karl.

«Ha già detto cos’era il carico?» La voce del teschio vibrò nell’aria.

«No, capo. Ci siamo quasi.»

«Clarion? Sei ancora tu sul soggetto o siamo passati a Belthar.»

«Aiuto! Aiutatemi!» Karl iniziò urlare al soffitto.

«Il mio compagno Pugnale ha ucciso i suoi compagni. Erano criminali, ma non meritavano di morire. Per questo la pagherà cara» fece Clarion.

«Capisco» rispose il teschio. «Prosegui pure.»

«Allora, Karl.» Clarion appoggiò una mano sulla spalla dell’uomo, chinandosi per essere alla stessa altezza. «Siamo finiti in un casino. Ma c’è in gioco il destino della città.»

«Itis. In pericolo?» Karl aggrottò la fronte.

«Non possiamo perdere tempo. Stamattina hai portato una cassa in città: devi dirci dove e cosa c’era dentro.»

«Una cassa?»

«Io l’ammazzo questo pigliainculo!» Belthar avanzò, sfoderando un pugnale.

«Aspetta.» Clarion lo fermò, poi si girò di nuovo verso Karl. «Stamattina abbiamo ricevuto una denuncia anonima. Parlava di un carico di contrabbando.»

Clarion si concentrò sul prigioniero, mettendo a fuoco ogni dettaglio. Lo sguardo di Karl stava diventando più sicuro, il petto si alzava e abbassava in maniera regolare. Maledizione. Si stava adattando troppo in fretta. Quel bastardo lo stava fregando davanti al capo.

«Sai come funzionano i Pozzi? La denuncia è stata controllata prima di procedere: parlava di un carico. E sappiamo che sei stato tu a farlo entrare in città.»

«Ah sì?»

«Noi crediamo che la cassa fosse piena di pozioni esplosive. Ti rendi conto del pericolo?»

«Forse so qualcosa. Era lunga due metri. Pesava molto, liquidi esplosivi… na’.»

«Li sai riconoscere?» domandò il teschio.

«Le pozioni sono di cristallo, no? Le avrei sentite sbattere.» Karl sorrise al teschio. «Ma quanta fretta. Prima parliamo del prezzo.»

«Lasciatelo a me» ringhiò Belthar.

«Ti daremo il giusto prezzo» disse Clarion. «Ma l’esplosivo dopo un giorno diventa instabile. Quindi lo useranno stanotte.»

«Conosco le procedure.» Karl rise di nuovo. «Se partite con il buono e il cattivo vuol dire che non potete ferirmi.»

Clarion strinse i pugni. Che figura di merda.

«Ha ragione» disse il teschio. «Come mai non avete usato la procedura ordinaria?»

Hai avuto la tua possibilità. Trasmise Belthar. Impugnò il pugnale in silenzio e si avvicinò al prigioniero.

Karl deglutì a vuoto quando la punta della lama si appoggiò sulla sua fronte.

«Cavare un occhio è doloroso.»

«Stai fingendo…»

«Ma se lo facessi non potresti più vedere cosa ti aspetta.»

Il coltello si abbassò, lentamente, raggiunse i pantaloni di Karl e tagliò il tessuto all’altezza del ginocchio.

«Si inizia dalle gambe. Un danno permanente. Per far capire che facciamo sul serio.»

«No, aspetta…»

Il pugnale affondò per tutta la lunghezza all’interno dell’articolazione. Karl urlò, sbavando dal dolore. Belthar rigirò di pochi millimetri prima da una parte, poi dall’altra; nonostante le grida si riuscì a distinguere il rumore di risucchio e di cartilagini che si spezzavano. L’urlo salì di forza e continuò anche quando Belthar estrasse l’arma. Il sangue si riversò sul pavimento, colorando di vermiglio la gamba e i pantaloni di Karl.

«Nessun pericolo di vita imminente. Anche se l’emorragia non si blocca dovrebbe sopravvivere» disse Belthar.

Adesso puoi proseguire messer “faccio tutto io”. Clarion sentì il pensiero di Belthar, e sbuffò.

L’Ombra andò verso il tavolo, rovistò nello scrigno ed infine estrasse delle bende. Poi si avvicinò a Karl che stava gemendo.

«Sei un duro. E questa storia è solo una cazzata.» Clarion iniziò a bendare il ginocchio ferito. «Sono certo che anche tu preferiresti finirla in fretta e tornare da Katya.»

Karl prese alcuni respiri. Fissò la gamba e, per qualche istante, Clarion pensò che stesse per piangere.

«Cosa volete sapere?»

«A chi dovevi portare la cassa?»

«A Melitan.»

«Melitan, il monopolista del granturco?» chiese Clarion.

«Sì, lui. E non è stata la prima volta.»

«Altre casse intendi?»

Karl annuì, emettendo un gemito quando Clarion strinse le bende.

La denuncia è arrivata solo oggi, vero? domandò Clarion.

Sì. trasmise Belthar.

«Non dirmi che non hai mai controllato le casse» disse Clarion a voce.

«Solo una volta. Erano carichi di fogliaspina.»

«Uh. Droghe? Si fa interessante. Come mai hai smesso di controllarle?»

«Non l’ho più rifatto. Mi hanno… punito. Al volto.» Karl si morse un labbro, forse per resistere a una fitta di dolore.

«Come ti hanno scoperto?» Clarion fissò la cicatrice di Karl.

Karl strinse gli occhi, digrignando i denti. Poi sembrò riprendersi. «Sono protette magicamente, credo.»

Magia? Belthar, non ci sarà di mezzo la Sorellanza?

Ci avrebbero avvisato.

«Non abusate delle maschere in mia presenza» disse il teschio. «Dal vostro silenzio deduco che stiate pensando alle maghe della Sorellanza.»

Clarion e Belthar si voltarono.

«Sono state loro a indicarmi Karl. Hanno troppi interessi per complottare contro Itis. Inoltre noi lo sapremmo.»

«Magari un mago esterno» propose Clarion.

«É probabile» replicò il teschio.

«Melitan è un mercante importante. Magari è stato incantato» s’intromise Belthar.

«Impossibile. La Sorellanza controlla periodicamente tutti i mercanti più in vista per valutare eventuali influenze magiche» spiegò il teschio.

«Cosa sappiamo di lui?» chiese di nuovo Belthar.

«Prima dell’epidemia di peste di qualche anno fa non era nessuno» disse Clarion. «Quando Itis è stata chiusa per quarantena lui si trovava fuori città. É sopravvissuto alla malattia e quando la città è uscita dalla quarantena è tornato. La peste aveva ucciso vari mercanti e lui se n’è approfittato, accaparrandosi una buona fetta dei commerci. Si è occupato molto bene di compravendita di granturco, così bene che nell’ultimo anno la città gli ha garantito il monopolio di queste merci. É tutto in regola.»

Si accorse che Belthar e il teschio lo stavano fissando.

«Che c’è? É il mio compito tenermi informato su Itis.»

«Complimenti» disse il teschio. «Quindi qual è la tua ipotesi?»

«Secondo me durante la quarantena ha stretto un’alleanza con un gruppo di banditi, o forse con gli Inquieti.»

«Sì. I conti tornano.» Il teschio continuava a fluttuare.

«Alleanza con gli Inquieti che aiutavano i suoi commerci e un mago fuori casta per coprire le tracce.» Il teschio si rivolse al prigioniero. «Confermi?»

«Cosa volete farmi?» Le labbra del prigioniero tremavano.

«Karl, ti prego.» Clarion gli appoggiò una mano sul braccio. «Ti ho curato e ho cercato di evitare danni. Maledizione, vuoi capire che sto facendo di tutto per salvarti? Non mettermi in difficoltà.»

«Mi lascerai vivere?»

«Karl.» Si avvicinò a fissarlo negli occhi. «Garantisco io per la tua vita. Non tutti nel Kleg sono dei pezzi di merda. Io sono qua per fare il mio dovere.»

«Davvero?»

Clarion prese un lungo respiro. «Ormai hai capito la situazione. Se non ti fidi di me non posso fare altro. Sono gli Inquieti o semplici banditi?»

«Inquieti: sono i ribelli a commerciare con Melitan.»

«Bene. Direi che a questo punto abbiamo finito.» Clarion si voltò sorridente verso gli altri.

«No» disse il teschio. «Ancora una cosa. L’anno scorso avevamo mandato due uomini del Kleg nel tuo quartiere. Che fine hanno fatto?»

«Come?» Clarion spalancò gli occhi.

«Pensi che avrei chiamato Belthar per una missione secondaria? Ora fai rispondere il prigioniero.»

«Non ne so niente. Vi prego, non fatemi del male.» Karl cercò di ritrarsi, aprì e chiuse il pugno più volte; i polsi stavano sanguinando a causa della catena che li stringeva. Il teschio e Belthar si voltarono verso Clarion.

Tu lo sapevi?

Si, Clarion. Ora…

Siete dei bastardi. Su cosa stavano indagando?

La sparizione di un sacerdote in visita a Itis.

«Clarion. Parla ad alta voce» disse il teschio.

«La temperatura corporea e il modo di fare del prigioniero mi fanno pensare che stia nascondendo qualcosa» rispose Clarion. «Perché dopo la sparizione di due nostri compagni abbiamo smesso di indagare?»

«Corruzione» disse il teschio. «Per questo mi hanno incaricato personalmente della questione, e per questo ho scelto voi. Ora torna al prigioniero.»

«Se non vi fidate di me forse è meglio se fate da soli.»

Clarion, non esagerare.

«E se mi avessero…» Clarion rispose a voce.

«Niente se, Clarion» lo zittì il teschio.

Non morto del cazzo.

Belthar non replicò.

«Karl» riprese Clarion. «Non mi piace essere preso in giro. Dimmi quello che sai, oppure fattelo chiedere da Belthar.»

«Non sono sicuro che…»

«Dimmi cosa sospetti e basta.»

«Ho sentito parlare di un mostro della foresta, una lorellas o qualcosa di simile. Tutti dicono che sia il contatto dei ribelli in città.»

«Una lorelei? Sì, può essere» confermò il teschio. «Sono creature dei fiumi, capaci di influenzare gli esseri umani. Si intendono anche di magia.»

«Noi non ci occupiamo di mostri» disse Belthar. «Ci serve l’appoggio della chiesa o della Sorellanza.»

«Risponderebbero domani, sarebbe tardi. Cercherò uno specialista; ma intanto dovete proseguire le indagini.»

«Partiamo da Melitan» disse Clarion.

«Vi autorizzo a violare la sua residenza. Andate entrambi e… Clarion: niente cazzate.»

Belthar fermò Clarion che stava già dirigendosi all’uscita. «La lorelei diventa un possibile bersaglio. Disponiamo di altre informazioni?»

«Sono un incrocio tra creature naturali e altre di sangue demoniaco. Abili a controllare la mente.»

«Ne sai qualcosa?» chiese Belthar al prigioniero; ma questo scosse la testa.

Clarion puntò lo sguardo sul prigioniero, controllò mani, spalle, e infine portò l’attenzione sul volto. Karl aveva lanciato una breve occhiata in alto, verso sinistra. «Non devi perdere le speranze. So che hai paura. Ma ti sei appena ricordato di qualcosa. Devi dircelo.»

La respirazione accelerò, le palpebre si alzarono e abbassarono più volte. Ma Karl non rispose.

«Stai calmo. Non permetterò a nessuno di farti del male» continuò Clarion.

«Non so. Forse era un sogno.»

«Quando sei sotto il controllo di una lorelei i ricordi tendono a sparire o mutare» disse il teschio. «Continua.»

«Ero in una radura. Vicino al fiume. C’erano altre persone, stavamo facendo qualcosa… qualcosa di sbagliato.» Karl fissò il punto da dove proveniva la luce. «Ricordo qualcosa che fluttuava. Brillava di verde.»

«Un catalizzatore.» Il teschio brillava. Ma non di verde. «Serve per i loro rituali. Le magia naturale può accumulare l’energia delle passioni umane in questi catalizzatori.»

«Ti ricordi cos’era?» chiese Clarion.

«No.» Karl sospirò.

«Questi catalizzatori vengono creati con materiale organico» spiegò il teschio.

«Anche esseri umani? Forse le sparizioni sono collegate» disse Clarion.

«Forse, ma funziona meglio materiale fatato. La fogliaspina viene da un albero magico. Se vedete qualcosa rilucere di verde dovrete portarlo da me. Al più presto.»

«Altrimenti?»

«Potrebbe essere usato per un incantesimo, o qualcuno potrebbe distruggerlo: la magia si scaricherebbe da sola, corrompendo l’ambiente intorno.»

«Cioè?»

«Cibo, acqua, animali, e forse anche uomini, potrebbero avvelenarsi. Più è l’energia caricata peggiori saranno le conseguenze.»

«Congedate il...»

«Un attimo.» Clarion bloccò il teschio. «La radura. Per caso c’era una grossa lastra di pietra triangolare?»

Il prigioniero ammiccò più volte. «Sì. C’era qualcosa di simile.»

«La fossa comune sulla sponda opposta al Mausoleo. É lì che vanno.»

«Come fai a dirlo?» chiese il teschio.

«Nessuno controlla quel posto di notte, è ampio ed è l’unica fossa comune con creature magiche. Materiale organico, giusto?»

«Non saranno così folli da riaprire le fosse» disse Belthar.

«É una possibilità da valutare. Ma qui abbiamo finito. Congedatelo. Mando qualcuno a ripulire.» Dopo aver pronunciato queste parole il teschio svanì e la camera tornò al buio.

«Ora posso andare? Non dirò a nessuno…»

La voce terminò in un gorgoglio. Clarion vide il calore rosso del corpo di Karl che si contorceva mentre Belthar estraeva il coltello dalla gola del prigioniero. Il metallo mantenne un colore arancione per pochi istanti, per poi tornare blu. Freddo.

 

Belthar avanzò nel vicolo mentre Clarion stava ancora uscendo da una botola. Entrambi notarono una sagoma rossa che voltava la testa; e si immobilizzarono. Il cane randagio li fissò nel buio della notte, sollevò il muso per annusare; poi scappò, uggiolando.

Dopo questo breve incontro Belthar si appiattì contro il muro, subito seguito da Clarion.

Maledetti corridoi sotterranei, puzzano da far schifo. trasmise Clarion.

Sono colpito dalla tua raffinatezza. Se passavamo per le fogne cosa facevi, svenivi? Belthar avanzò fino all’angolo.

No, ma ti sboccherò addosso. Voglio vedere se riuscirai ancora a fare sarcasmo mentre...

L’assassino alzò una mano, quindi guardò a destra e sinistra. Si trovavano in un quartiere con ampie strade a pavé ed edifici in pietra con eleganti finestre di vetro.

Concentrati sulla procedura adesso. La villa è a destra, ci sono due leoni sopra al cancello. Pronto? Vai.

Clarion corse rasente alla parete; balzò oltre il cancello e atterrò sul prato. Si avvicinò al muro della casa. Finestre sprangate. Quando sentì un tonfo leggero non si girò: doveva essere Belthar. Clarion si diresse verso la porta per chinarsi a controllare.

Lascia stare l’entrata principale.

Questa porta è socchiusa, devo verificare.

Seguì il rumore di un urto, quindi il suono di vetro che si frantumava. Ma qualcosa coprì perfino il rumore di schegge infrante: una donna iniziò a urlare a squarciagola.

Aspetta…

Belthar non ascoltò il compagno: aprì la porta con un calcio, ed entrò impugnando una balestra.

Stammi dietro. trasmise l’assassino.

Clarion sentì il rumore di qualcosa che cadeva, atterrando pesantemente sul prato. L'urlo si interruppe per riprendere subito, stavolta diceva “aiuto, vi prego”.

Sta succedendo qualcosa. Tu prosegui all’interno, io controllo fuori. Rispose Clarion.

Non fare cazzate.

Non sapete dirmi altro? Clarion si mosse verso l’angolo destro della casa. Rimase rasente al muro, ad ascoltare. Ci furono altri tonfi, poi sentì qualcosa che veniva trascinato. A questo punto si arrischiò a sporgere la testa.

«Là, c’è qualcuno!» Una voce.

«Sono quelli della purga, leviamoci dal cazzo.» Un’altra voce.

Clarion balzò indietro mentre un dardo schizzava davanti a lui.

Hanno delle balestre e io sono controluce, porca troia.

Nessuna risposta.

Belthar, se mi ascolti sono usciti dalla finestra est e stanno scappando con qualcosa. Ipotizzo un rapimento. Provo a fare il giro, ma se riesci…

Molla tutto, Cla. Missione cancellata.

Cosa stai dicendo? Li abbiamo beccati.

Sali al primo piano: ho una sorpresa.

Clarion si rese conto di non sentire più l'urlo della donna, quindi entrò dalla porta principale; e scoprì qualcosa che prima gli era sfuggito. Nel buio si notavano delle macchie viola: i cadaveri delle guardie,ancora tiepidi.

Salì le scale e finì in un corridoio che si affacciava su alcune stanze, da una di esse fuoriusciva della luce. Andò verso quella.

Mentre varcava la soglia riconobbe subito Belthar che puntava la balestra contro qualcosa. Superò gli attimi di smarrimento mentre la maschera reagiva alla luce. Le parti di corridoio al buio rimanevano di color indaco per la visione al calore, mentre la zona illuminata tornava normale: mobili beige, e alcuni vestiti in pizzo abbandonati su un letto sfatto con lenzuola macchiate di sangue, purpureo. Quando entrò nella camera Clarion notò Belthar, e una donna in piedi con le mani alzate.

Ma questa è la cameriera che ho palpeggiato…

Forse è innocente. Trasmise Belthar.

Quindi parto io.

«Sai chi siamo e noi sappiamo chi sei tu. Katya» disse Clarion.

«Vi prego, io non c’entro.»

«Melitan trafficava con gli Inquieti. Lo sapevi?»

Katya deglutì, ma assentì.

«Sono stati loro a fare questo?»

La donna fece un passo indietro, riprendendo a piangere. Quando abbassò le braccia per coprirsi il volto Belthar la lasciò fare.

Come l'hai trovata?

Seduta sul letto; ha cercato di fuggire quando mi ha visto. Vado a controllare il resto della casa.

«Siamo qua noi adesso. Puoi stare tranquilla.» Clarion si avvicinò, lentamente e dal lato sinistro, quindi le appoggiò le mani sulle braccia. La strinse per rassicurarla, quindi la abbracciò.

«Sono entrati… io ero… non voglio che gli altri…» Katya strofinò il viso sulla spalla di Clarion, scossa dai singhiozzi.

«Tranquilla» sussurrò Clarion, allontanandola per un attimo. «Non posso togliere la maschera, ma voglio aiutarti.»

Clarion. Qua sotto ci sono delle celle con avanzi di cibo. La faccenda puzza sempre di più…

«Hanno detto qualcosa? Qualsiasi cosa può esserci utile.»

«Melitan stava male in questo periodo. Da quando ha saputo...» Un singhiozzo la scosse di nuovo.

«Saputo cosa?»

La donna guardò alcune lettere su una scrivania. Clarion la lasciò per andare a controllarle.

«Pensi che possa avere spedito una denuncia anonima?»

Katya annuì; le lacrime cadevano, lasciando piccole macchie sul pavimento.

Cos’hai trovato? Sentì i passi di Belthar tornato nella camera.

Lettere. Trasmise Clarion, scorrendo i documenti. Hai presente l’oste? A quanto pare durante l'epidemia ha lasciato morire di fame i familiari di Melitan.

Da quando lo sa Melitan?

Secondo queste date da poche settimane. Ma secondo me non è legato al rapimento: non le avrebbero lasciate qua. Probabilmente vogliono depistarci.

«Ascoltami, Katya. Sai niente di sacrifici per una lorelei?» chiese Clarion.

Katya scosse la testa.

Dice la verità? trasmise Belthar.

Non lo so. É scossa, ma sa mentire.

Secondo me è stata lei ad avvisarli.

Forse ha avvisato solo dei problemi alla locanda. Senza sospettare che c’era dietro qualcosa. Rispose Clarion.

Troppo sospetta. Passiamo al livello successivo. La mano di Belthar si portò al pugnale.

Capace a fingere, carina, nella casa di un mercante, la madre sta male, sembra avere più di un amante, e gli Inquieti non hanno osato toccarla. Mi sembra semplice: prostituzione non autorizzata. Trasmise Clarion

Si, sembra il tipico contatto esterno degli ribelli. Confermò Belthar, allontanano la mano dal pugnale.

Portala via e avvisa il capo.

Tu vieni con me.

Sto seguendo la procedura, Belthar. Basta uno di noi per riportare lei e le informazioni.

Allora vai tu e io procedo sulle tracce…

No. Sono troppi e non puoi ammazzarli tutti. Serve un’Ombra non un Pugnale. Clarion continuava a controllare la donna piangente.

Non lo so…

Stiamo parlando del monopolista del granturco. E non è semplice contrabbando: c’è in giro una squadra intera di ribelli. Sono riusciti ad arrivare in questo quartiere e magari sono qui da tempo… Tra l’altro ancora non sappiamo cosa sia il carico. Non possiamo aspettare la cavalleria.

Non ti lascio procedere alla cieca.

Accordo tra Inquieti e mercante durato anni. I ribelli sono alle strette e chiedono al mercante qualcosa di eccessivo. Il mercante prova a sbarazzarsi di loro con una denuncia anonima. Sono addestrato per queste cose… E non ho più tempo.

Clarion spinse la donna verso il collega e corse giù per le scale.

Ricordati…

Si, certo. Non fare cazzate.

 

Clarion entrò nello spiazzo da est. Avanzava, barcollando al centro della strada, nel fango, mentre il vento serale gli agitava i capelli.

Non indossava più né la maschera né le armi.

«Guarda un po’: eccone un altro.»

Due uomini appoggiati su delle lance lo fissavano, appostati di fianco a una colonna solitaria.

«Siamo già a dieci?»

«Lo abbiamo superato da un pezzo.» La guardia che aveva parlato appoggiò la lancia alla spalla e aprì le mani, contando con le dita.

«Minchiate. Sono di meno, come settimana scorsa.»

Clarion aprì la bocca, emettendo un basso muggito. Altre persone, alcune perfino in pigiama, si comportavano allo stesso modo, vagando in una zona illuminata da un cerchio di torce.

«Ma è il funzionario… quel mangia merda.»

«Dammi i soldi della scommessa, dopo pensiamo a lui.»

L'altro finse di non sentire e si avvicinò al nuovo venuto: gli tirò un manrovescio. Clarion cadde a terra, mugolando. Il paesaggio si riempi di puntini luminosi mentre sentiva un sibilo all’orecchio destro.

«Smettetela! Idioti» disse una voce femminile.

Clarion si rotolò a terra, alzando schizzi di fango, come se avesse difficoltà a tornare in piedi. Quando infine si girò non riconobbe la bionda che aveva parlato.

«Tanto non ricorderanno nulla, no?» rispose quello che lo aveva colpito.

«I lividi rimangono, inoltre ci servono in forma.»

Clarion si rialzò e controllò meglio la zona, senza scoprire niente di nuovo: un tavolo di legno situato vicino a una grossa pietra triangolare, e il rumore del fiume che scorreva poco distante.

Aveva già ispezionato le casupole intorno: tutte vuote.

Sul tavolo di legno si trovava un uomo legato e imbavagliato: Melitan.

Di fianco aveva una donna con gli occhi neri. Completamente neri, come se avesse solo due pupille di pece. I pochi vestiti che la coprivano nascondevano solo i capezzoli, lasciando scoperta la maggior parte del seno. Ma aveva la pelle blu, e i capelli si muovevano come se fossero sott’acqua: quella doveva essere la Lorelei.

La creatura si chinò sul mercante prigioniero e iniziò a parlargli, mentre gli accarezzava il petto con la mano blu. La pelle della lorelei sembrava coperta da una patina di umidità. Clarion rimase a fissarle la gonna, agitata dal vento: le gambe spuntavano oltre il tessuto, lisce, attraenti e...

Scosse la testa per recuperare il controllo; solo il guardare quella creatura lo stava suggestionando. Così si voltò, concentrandosi sulla cassa di fianco: all'interno giaceva l’esatto opposto della lorelei.

Una donna dalla pelle verde e dai capelli blu; ma gli occhi rimanevano chiusi e il petto immobile, non respirava. Un cadavere: quello era il carico che avevano cercato per tutta la sera.

Clarion cercò di ascoltare la discussione appena iniziata tra la bionda e la lorelei. Non riusciva a sentire, così si avvicinò, barcollando di fianco a una donna che lo fissava con aria ebete.

«Katya potrebbe non arrivare» disse la bionda.

«Quindi? Pensi che prenderò ordini da te?» La voce della lorelei era cristallina, e sembrava avere un eco. La creatura blu prese un coltello appoggiato al tavolo e si avvicinò alla bionda.

«Katya ti ha evocato e Katya ha detto di proseguire. Fallo.»

La donna dalla pelle blu sibilò; lanciò uno sguardo intorno, poi si diresse verso l’essere nella cassa. Clarion ebbe la brutta impressione che la Lorelei lo avesse guardato con più insistenza rispetto agli altri.

«Mettete in posizione l’imbecille.»

«Non sono imbecille.» Un uomo andò a sedersi su uno sgabello, vicino al mercante legato.

La lorelei si abbassò sulla creatura morta; piantò tutta la lama del pugnale nella carcassa e iniziò a lavorare. Il rumore di ossa che si spezzavano si unì ben presto al suono di qualcosa che rovistava nel cadavere. Tutti osservavano la scena; così Clarion ne approfittò per allontanarsi di qualche passo.

«Eccoti qua.» La creatura fletté i muscoli e tirò. «Vieni dalla mamma.» Il rumore di uno strappo, poi la donna sollevò un oggetto grosso quanto un pugno: un cuore di un rosso più acceso del normale, sembrava perfino rilucere. Un fiotto di sangue cadde sulla Lorelei, e questa sembrò assorbirlo; la pelle blu non si sporcò, solo il terreno attorno ai piedi nudi si riempì di macchie vermiglie.

In quel momento una donna incantata si avvicinò a Clarion, emettendo un gemito di piacere. Si abbracciò a lui, cercando di baciarlo. Clarion fece per scostarsi, quando notò che tra gli incantati si stavano formando altre coppie. Uno degli uomini sbatté a terra una donna di mezz'età, strappandole i vestiti, mentre un'altra ragazza si lanciò addosso alla coppia; l'uomo si lasciò cadere supino mentre le due donne iniziarono a baciarsi, portandosi cavalcioni sopra di lui. Il volto dell'uomo scomparve sotto una delle gonne.

Clarion fissò la compagna. Giovane, ma le mancavano alcuni denti e aveva l'alito che sapeva di uova marce.

Di nuovo il rumore di qualcosa che si strappava, ma stavolta proveniva da un'altra direzione, poi un urlo soffocato. Clarion lottava per non farsi sfilare i pantaloni, ma riuscì lo stesso a voltarsi.

Il cuore fluttuava in aria e si stava illuminando di luce verdastra, iniziando a pulsare. Nel frattempo un taglio si stava allargando sul torace del mercante. Una linea rossa, da dove partivano gocce di sangue che schizzavano in aria per atterrare sul corpo del prigioniero; l'uomo agitava la testa senza riuscire a urlare. Il bavaglio lo tratteneva, ma gli occhi spalancati fissavano la carne viva. I muscoli delle braccia e delle gambe si tesero, bloccati dalle corde; mentre la pelle sfrigolava, staccandosi dal petto, come se una forza invisibile lo stesse scuoiando.

Le guardie si voltarono per non guardare la scena. Solo la bionda e l’uomo seduto sullo sgabello continuavano a fissare, ma dalla loro espressione, dagli occhi spalancati, traspariva l’orrore. La Lorelei invece guardava l’orgia improvvisata, sembrava godersi lo spettacolo. Si accarezzò il corpo portando le mani al seno, facendole scivolare verso il basso. Sotto la gonna, tra le gambe.

Clarion decise di aver visto abbastanza. Aveva pronta una via di fuga ed era giunto il momento di utilizzarla.

Si liberò dalle attenzioni della compagna e si mosse, cercando di non farsi notare.

«Che c’è? Non ti piace lo spettacolo» chiese la donna dalla pelle blu.

Clarion la guardò. Gli occhi neri della Lorelei lo stavano fissando, diventando sempre più grandi. Poi tutto divenne buio.

Clarion sentì un forte dolore alla testa, che sparì di colpo. L'oscurità lo circondava e gli sembrava di diventare sempre più piccolo. Iniziò a percepire una strana sensazione, come se stesse annegando tra i flutti di un oceano viscido e caldo.

Per un attimo si rannicchiò, gemendo di paura; quindi deglutì e prese due respiri.

«Clarion. Mi chiamo Clarion. E in questo momento stanno cercando di controllare la mia mente» parlò ad alta voce con sé stesso.

«Ora guardo la mia mano e anche se chiudo gli occhi continuerò a vederla.» Chiuse gli occhi, ma continuava a vedersi.

«Calma Cla. Non ti è mai successo, ma sei addestrato.» Rallentò la respirazione, prendendo lunghi respiri.

«Io solo possiedo la mia mente. Io stabilisco come sono dentro di essa.» La sensazione di rimpicciolire sparì.

«Bene… ora… cosa dovevo fare? O sì.» Si alzò in piedi.

«Io sono grande e immenso. Sento il mio corpo ingrandirsi. Sono grande come una montagna e continuo a crescere. Il buio non può contenermi. Io sono circondato dalla luce e fonte di luce.»

La luminosità aumentò, le parole acquistavano sicurezza.

«La mia voce è forte come il tuono e distrugge gli influssi esterni mentre torno alla realtà.»

Delle voci provenivano da lontano. Qualcosa si muoveva. Percepiva caldo, qualcosa di umido sopra di sé. Un peso. Poteva sentire l’odore del fiume.

«Io solo decido chi può controllare la mia mente. Loro sono temporanei. Io sono per sempre.»

Aprì gli occhi.

Vide il volto della lorelei a meno di un braccio da lui. Provò a colpirla; quando si rese conto di essere bloccato.

Un ribelle gli teneva il polso sinistro. E altri tre fermavano il resto degli arti.

La lorelei gli sorrise e lo accarezzò con una mano umida. Sentiva il corpo della donna cavalcioni sul suo addome.

«Bentornato.» Il viso perfetto di quell’essere lo affascinava. Il braccio azzurro si mosse sensualmente mentre si alzava: le dita stringevano un pugnale.

Clarion si accorse di essere sdraiato sopra qualcosa di viscido; poi notò il corpo spellato di un essere umano, a due spanne di distanza. Gli occhi bianchi risaltavano sul rosso della carne, appoggiata sopra un lago di sangue. «Oh... fott…» Clarion fu colto da un conato di vomito.

«Non agitarti, piccolino.» La lorelei mosse il bacino, facendolo strusciare sull’inguine di Clarion. «Sono una creatura d’amore, non voglio farti male. Voglio solo liberare la tua energia. É così bella.»

Clarion usò tutte le forze per concentrarsi. Strinse i denti; quindi ordinò al proprio corpo di rilassarsi, lasciando scorrere il panico. Un brivido gli corse lungo la schiena.

«Per chi mi hai scambiato, puttana? Non sono una verginella da sacrificare.» Clarion tirò un calcio a un ribelle: riuscì a liberare una gamba, ma il ribelle la riprese subito.

«Non hai paura? Terrore?» La lorelei sospirò. «Frenare le emozioni è così... contronatura.»

«Fallo. E i miei compagni pianteranno una quercia intera nell'antro cavernoso del tuo deretano.»

Il dito della lorelei si appoggiò sulle labbra di Clarion, l'unghia della donna si appoggiò sull'incisivo dell'uomo.

«Avvisali se preferisci un faggio. Saranno certamente disponibili a soddisfare una creatura della natura come te.»

Il dito, umido e dal sapore salato, seguì il movimento delle labbra. La morbidezza del corpo della donna, il calore che emanava e quei dannati occhi neri. Clarion non riusciva a mantenere la concentrazione; e, dopo alcuni secondi, la morsa della paura tornò a stringergli le viscere.

La creatura sorrise, prese un respiro e inarcò la schiena pronta a calare il pugnale. Quando, all’improvviso, sobbalzò. Abbassò un braccio verso il petto: in mezzo ai seni spuntava una decina di centimetri di dardo di balestra.

La lorelei rise mentre gli occhi di tutti la fissavano. Nessuna reazione. Un corpo a terra si arcuò, urlando di piacere. L'orgia a quanto continuava imperterrita.

Clarion non riuscì a liberarsi, quindi ne approfittò per controllare intorno. L’uomo sullo sgabello era nudo; e attorno a lui fluttuava un ammasso di pelle umana che si stava incollando, lentamente, come se fosse un nuovo vestito. Il cuore fluttuava a destra, batteva più lentamente, ma brillava ancora.

Un altro attacco di risate scosse la lorelei che portò le mani al volto, come per cercare di fermarsi.

Cadde sopra Clarion. Il corpo della donna lo distrasse. Notò solo allora di avere un’erezione.

«Lasciatelo andare! Subito» disse una voce maschile.

Le risate continuarono anche quando la lorelei cadde, scivolando giù dal tavolo con un tonfo.

Lo sguardo dei ribelli si spostò allora su un tetto. Un uomo con la maschera del Kleg tratteneva un ostaggio, puntandogli il pugnale alla gola.

In quel momento Clarion sentì un presa allentarsi. Strattonò, liberandosi un braccio.

«Faccio sul serio.» Un rivolo di sangue scorse sul collo dell’ostaggio. Clarion riconobbe Katya, legata e imbavagliata; l'uomo invece doveva essere Belthar.

Clarion riuscì a liberarsi l’altro braccio, e una guardia lasciò volontariamente una gamba.

«Non ascoltatelo, idioti. É del Kleg, la uccideranno lo stesso.»

«L’avete voluto voi.» Belthar abbassò il pugnale e lo piantò sotto lo sterno della donna, senza infilarlo del tutto. Poi la lanciò giù dal tetto. Questa cadde per alcuni metri, lasciando dietro di sé una scia rossastra; e atterrò facendo frusciare un cespuglio.

«Bastardo, è ancora viva» urlò la bionda. «Andatela a prendere.»

Clarion tirò un calcio all’ultimo ribelle, scavalcò il cadavere scorticato e balzò giù dal tavolo, prendendo al volo il cuore fluttuante. Sentì che era caldo, e batteva, ma trattenne la repulsione. Aveva un lavoro da fare.

Corse verso l’entrata a est dello spiazzo. Una guardia stava per sbarrargli la strada, ma cadde a terra con un quadrello di balestra nel torace.

La via davanti appariva libera e Clarion scattò senza guardarsi indietro. Urla di dolore si mischiarono ad altri schiocchi di balestra. Due ribelli gli stavano alle costole, avevano superato l’uscita dello spiazzo e stavano correndo in un vicolo.

Clarion fece un piccolo balzo, senza fermarsi. Un istante dopo i due ribelli caddero a terra, inciampando sul filo che Clarion aveva teso prima di entrare nella piazza.

Clarion scavalcò un muretto, atterrando vicino a un barile. Lo aprì e ne estrasse la maschera. Appoggiò per un attimo il cuore e la indossò. Il cuoio fresco lo tranquillizzò; poi inserì il cuore in una borsa. Eliminata la fonte di luce calò l’oscurità.

Sentì i ribelli che lo seguivano, ma non potevano vedere al buio.

Belthar, mi senti?

Sì. Ho steso due balestrieri e memorizzato le facce rimanenti.

Come facevi a sapere di Katya?

Cosa stai dicendo?

Katya e la lorelei…

Gli Inquieti simpatizzano per gli innocenti, e questa era una loro informatrice. La vita di un membro del Kleg è prioritaria rispetto a quella di un civile.

Capisco… Sei arrivato proprio al momento giusto. Trasmise Clarion.

Ero lì da un quarto d’ora, idiota. Ho lasciato il messaggio a una guardia. Poi ti ho seguito, contando di usare Katya come diversivo. Se non ti ristabilivi dal controllo mentale non sarei intervenuto.

Cosa hai fatto alla lorelei?

É immune alle mie armi. Avevo solo una cosa per lei.

Cosa?

Veleno esilarante per creature magiche.

Oh. In ogni caso non abbiamo ancora finito. Clarion vide di fronte la strada principale. Cavolo, qual è la portata di queste maschere?

La via a est era la migliore per la fuga. Il punto più sicuro è il ponte del tempio. Stai andando lì, giusto?

Sì.

Una figura rossa di calore balzò fuori dal buio, correndogli davanti; aveva in mano una balestra.

Sui tetti si fa prima. trasmise Belthar.

 

Un uomo dai lunghi capelli bianchi gli fece un cenno, uscendo dalla locanda: quindi il posto era sicuro. Clarion entrò.

Stavolta nessuna cameriera gli si avvicinò. Stavolta la gente si raggelò; una donna iniziò addirittura a tremare. Stavolta aveva indosso la maschera del Kleg.

L’oste impallidì quando Clarion gli si fermò davanti.

«Conosciamo i tuoi figli, sappiamo dove sono e adesso un uomo del Kleg li sta seguendo. Ciò che sarà di loro dipende solo da te. Se mi dirai la verità e loro risulteranno innocenti potranno sopravvivere. Hai capito?»

Facendo un visibile sforzo per controllare il terrore, l’oste annuì.

«Nessuna lamentela? Non reclami urlando un giudizio di tuoi pari?»

«Servirebbe?» L’oste stava tremando, ma riuscì a controllare la voce.

«Se non provi non lo saprai mai.» Clarion notò con la coda nell’occhio una persona che usciva dalla locanda, ma la maggior parte degli altri rimase a osservare. Curiosità macabra.

«Come avete fatto a capirlo?» Le spalle dell’oste si abbassarono. Segno di resa.

«A parte che una tua cameriera era il capo dei ribelli?»

«Solo quello?»

«No. Melitan è il monopolista del granturco e tu sei un sensale del granturco, quindi sei collegato: lo rifornivi. Nella casa di Melitan c’erano delle celle: servivano sacrifici per la lorelei. E chi meglio di un oste può offrire stranieri su cui nessuno fa domande? Mi sbaglio?»

«No.»

«Tu e Melitan avevate un giro d’affari notevole. Spiegami come mai siete finiti così male.»

L’oste annuì.

«Katya era una strega scacciata dalla sorellanza durante la peste. Le davano la caccia e aveva bisogno di protezione. Io l’ho presa con me, ma poi ha conosciuto Melitan. Si sono messi insieme e tutto andava bene. Lei convinceva la gente a comprare, Melitan si occupava della concorrenza e io procuravo le merci. Poi sono finiti i corpi alla fossa, ma ormai Katya e la sua creatura non ci servivano più.»

«Tieni qualcuno finché ti è utile. Saremmo ipocriti a lamentarci. Cos’è successo dopo?»

«Non lo so. Avevamo un piano per eliminarla. Ma Melitan poco tempo fa è impazzito. Non so cosa gli sia preso.»

«Te lo spiego io. Siete amici da molto tempo. Ma durante la pestilenza Melitan non era a Itis, tu si. Tu eri qui con sua moglie e suo figlio. E quando il cibo stava finendo li hai mollati.»

«Ma…»

«Ma non lo sapeva. Vero. Fino a che non gliel’ha detto Katya tramite una lettera. Ora dimmi perché hai sporto denuncia.»

L’oste spalancò al bocca, poi sospirò.

«Sono un sensale e ormai dipendevo da Melitan. Aveva smesso di comprare da me e mi è rimasta troppa merce. Il mio granturco sta andando a male, e lui ha deciso di non farmi più credito. Ho una famiglia da mantenere, non potevo...» L’oste abbassò lo sguardo.

«Volevi cambiare monopolista. Complimenti, ci sei riuscito.»

«Cosa ne è stato degli altri?»

«Gli Inquieti sono stati uccisi tutti durante la notte. Tra guardie dei Bracchi, Kleg e Sorellanza non hanno avuto speranze. La lorelei è riuscita a fuggire nel fiume. Melitan ha fatto un brutta fine. Il tipo che doveva prendere il suo posto è stato ucciso. Ma nel suo caso è stato un atto di grazia, la metamorfosi era funzionata solo a metà.»

«Metamorfosi?»

«Si. Katya sapeva dei controlli mentali che fa la Sorellanza. Quindi non poteva influenzare Melitan, così aveva deciso di rubargli la pelle. Per darla a un idiota convinto a sposarla.»

«Katya è viva?» Lo sguardo dell’oste lampeggiò di paura.

«Sì. L’hanno portata al Ludum.»

L’oste sbiancò.

«Mi… anch’io sono condannato al…» Non riuscì a finire la domanda tanto tremava.

«Katya ha compiuto un rito, richiamato una lorelei, commesso assassinii e sacrifici. Melitan voleva vendetta ed è stato complice solo da poco, alla fine è il meno colpevole.»

«No, ti prego. Non il Ludum.» L’oste indietreggiò, andando a sbattere contro i bicchieri che caddero, frantumandosi.

Clarion scosse la testa. Sollevò una mano incrociando indice a medio. Chiuse la mano a pugno e sollevò l’indice.

L’oste sospirò di sollievo. Il rumore di vetro che si frantumava fu seguito dal suono del dardo che si infilava nel corpo dell’oste. Un rivolo di sangue gli scorse dalla bocca, l’oste si appoggiò sul bancone, lanciò un’ultima occhiata ai clienti e cadde. Continuò a tremare per pochi secondi, poi rimase immobile, con gli occhi chiusi.

La gente intorno rimase silenziosa a fissare il cadavere mentre Clarion raggiungeva l'uscita.La porta si chiuse con un suono definitivo.


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